Anche nel calcio, come purtroppo in ogni altra espressione della vita sociale, domina ancora l'immagine del bambino-oggetto e quando è soggetto troppo spesso lo è perché protagonista, passivo, di violenza nelle molteplici forme. Basti pensare a quelle centinaia di ragazzi che vengono trasferiti dai loro paesi in luoghi lontani, con l'illusione di diventare Baggio, Maldini o Baresi.
Nell'articolo vengono presi in considerazione i criteri utili ad impedire che lo sport, e il calcio in particolare, perda la sua valenza educativa.
Vengono inoltre presentati i risultati di una indagine scolastica, promossa dal Settore Giovanile del Comitato Regionale Lombardia della FIGC, rivolta ai genitori dei bambini che praticano calcio a livello giovanile, al fine di verificare in modo approfondito le loro conoscenze, le loro valutazioni e le loro ambizioni.