Banner
Link
Carichi e sovraccarichi
pubblicato nel Luglio - Agosto 1995 in Sport&Medicina - fascicolo n.4

 

La tendinopatia achillea compare circa nel venti per cento dei traumi dovuti alla corsa e rappresenta, quindi, una causa di inabilità in un elevato numero di atleti, che spesso richiede un trattamento medico.

 

 

Come per la maggior parte degli incidenti da sport, esiste un ampio spettro di gravità delle lesioni al tendine di Achille. Un trauma lieve può peggiorare se il soccorso medico viene ritardato e se l'atleta continua a correre nonostante la lesione. In genere, tuttavia, si ottiene la completa guarigione se il trattamento appropriato viene iniziato precocemente.

 

 

La tendinopatia achillea è una infiammazione che comporta dolore. Le zone più colpite sono la giunzione muscolotendinea del gastrocnemio mediale e laterale, la porzione tendinea posteriore all' articolazione della caviglia o la sua inserzione al calcagno.

 

 

Il tendine non ha una membrana sinoviale, ma è rivestito da una guaina che è in rapporto con il tessuto sottocutaneo adiacente. Poiché i fibroblasti del tendine adulto sono inattivi, la guarigione del tendine e della guaina dipendono dallo stato delle cellule adipose vicine.

 

 

Esistono due forme di tendinopatia achillea: la peritendinite e la tendinosi. La peritendinite è la flogosi della guaina, mentre la tendinosi è la patologia del tendine stesso che consiste in degenerazione centrale e necrosi, il cui risultato è la fibrosi e la formazione di noduli cicatriziali. Tali alterazioni intratendinee predispongono alla rottura parziale o completa del tendine.

 

 

Spesso le due forme sono presenti contemporaneamente specialmente quando lo stiramento causa la lacerazione sia del tendine sia della guaina. In seguito si formano aderenze che comportano riduzione della mobilità e dolore.

 

 

La peritendinite si manifesta con una tumefazione molle della guaina e del tessuto adiacente. La flessione plantare attiva contro resistenza e la dorsiflessione passiva risvegliano dolore.

 

 

Può essere presente crepitazione, indice di un più avanzato grado o di una maggior durata della flogosi.

 

 

La tendinosi, invece, si presenta con un gonfiore fusiforme che riguarda il tendine ed il tessuto più profondo. Le lesioni nodulari degenerative sono spesso palpabili. La tendinosi isolata senza peritendinite è di solito asintomatica, per cui la diagnosi è piuttosto difficile.

 

 

La peritendinite è generalmente reversibile; tuttavia se la patologia è persistente, sono maggiori le probabilità di dover intervenire chirurgicamente per ottenere la guarigione. All'opposto la tendinosi non risponde bene al trattamento medico, per cui quello chirurgico è di scelta.

 

 

Eziologia

 

 

La maggior parte dei fattori che predispongono ai traumi è controllabile dall'atleta. Gli errori di allenamento sono la causa più comune della tendinopatia achillea. Il riscaldamento troppo breve, l'incremento rapido delle distanze, l'intenso interval-training o fartlik-training , l'eccessiva lunghezza dei percorsi sono tutte situazioni che favoriscono i disturbi alle estremità.

 

 

Lo schema di allenamento deve essere individualizzato e studiato in modo realistico per ogni singolo atleta così da soddisfare i fini agonistici e, nello stesso tempo, di adeguarsi alle caratteristiche ed alla forma fisica del soggetto.

 

 

Altro importante fattore da considerare è il terreno su cui si corre.

 

 

Le superfici dure aumentano le forze di contraccolpo che devono essere assorbite dalla muscolatura e, quindi, rendono più precoce la comparsa della fatica. L'asfalto ha però la proprietà di assorbire le spinte, specialmente quando è riscaldato direttamente dal sole.

 

 

Superfici sabbiose, invece, richiedono una maggiore deformabilità del piede, per cui sottopongono il tendine di Achille a frequenti stiramenti.

 

 

Correre su superfici irregolari invece provoca deviazioni sul piano frontale della caviglia e delle articolazioni tarsali e, quindi, aumenta lo stiramento laterale e mediale del tendine.

 

 

Calzature inadeguate possono far aggravare le lesioni tendinee, particolarmente se non si adattano bene al piede e se non sono imbottite. Lo sfregamento continuo dovuto ad una scarpa stretta o scomoda produce un'infiammazione cronica e un'ipertrofia irreversibile della guaina.

 

 

Calzature inadeguate possono far aggravare le lesioni tendinee, particolarmente se non si adattano bene al piede e se non sono imbottite. Lo sfregamento continuo dovuto ad una scarpa stretta o scomoda produce un'infiammazione cronica e un'ipertrofia irreversibile della guaina.

Se la suola non assorbe sufficientemente le forze d'impatto, la muscolatura del polpaccio ed il tendine di Achille vengono sottoposti ad un maggior lavoro che conduce ad un precoce affaticamento. Al contrario, anche un rinforzo troppo soffice, che non dia stabilità al tallone, può essere causa di stiramento tendineo. Ugualmente se la suola è rigida offre resistenza al sollevamento del tallone ed aumenta le forze di trazione sul tendine.

 

 

La tendinopatia achillea si può associare ad esostosi e borsite retrocalcaneali ed anche ad alterazioni sistemiche come l'artrite reumatoide, la gotta, la spondilosi anchilosante o la sindrome di Reiter.

 

 

Considerazioni biomeccaniche

 

 

Alterazioni, anche di lieve entità, del piede o della gamba possono predisporre a lesioni del tendine di Achille .

 

 

L'inserzione del tendine al calcagno è situata medialmente all'asse dell'articolazione, quindi il tricipite della sura è il principale supinatore del piede. Pertanto qualsiasi situazione che produca o richieda una eccessiva pronazione del piede quando il tallone è sollevato aumenta il lavoro del tricipite della sura, stirando il tendine di Achille. Alcune condizioni come la presenza di una esostosi anteriore che limiti la dorsiflessione del piede possono causare un accorciamento della muscolatura posteriore della gamba e favorire l'insorgenza della tendinopatia achillea.

 

 

L'eccessivo valgismo del calcagno aumenta lo stiramento della porzione mediale del tendine. Il varismo anteriore o posteriore ed il valgismo anteriore con rigidità del primo metatarso si possono compensare con una rapida pronazione che comporta l'aumento di resistenza alla risupinazione e lo stiramento del tendine di Achille. Elevati gradi di valgismo o di varismo della tibia sottopongono a stiramento l'inserzione calcaneale del tendine nella sua porzione mediale o laterale rispettivamente.

 

 

Il piede cavo predispone alla tendinopatia perché comporta una ridotta pronazione ed una scarsa predisposizione ad assorbire le forze. Ciò è particolarmente vero se si associa un avampiede equino. Tale condizione, che richiede l'intervento dell'articolazione della caviglia per ottenere la dorsiflessione del piede, può aumentare lo stiramento del tendine di Achille.

 

 

Ai fini dell'insorgenza della tendinopatia achillea bisogna valutare anche la lunghezza degli arti. La discrepanza anatomica della dimensione delle gambe comporta una diversità nel passo cui consegue lo stiramento del tendine dell'arto piu corto.

 

 

Anche la tecnica della corsa ha la sua importanza. La corsa con appoggio del tallone e poi dell'alluce ottimizza la capacità di assorbire le forze e minimizza lo stiramento delle parti molli per intervento della funzione muscolare statica e dinamica.

 

 

La corsa sulle punte o a piede piatto altera questi meccanismi e predispone ad anormali stiramenti del tendine.

 

 

Terapia ortopedica

 

 

Dal momento che la causa della tendinopatia achillea è spesso associata a squilibri della biomeccanica del piede, si suppone che la loro correzione sia efficace anche per la cura della patologia tendinea.

 

 

Dispositivi di dimensioni pari a quelle del piede, con ancoraggio all'avampiede, sono utili per evitare le eccessive forze pronatorie che si sviluppano durante la corsa. I dispositivi ortopedici possono anche ridurre le forze di trazione e di torsione che agiscono sul tendine di Achille rallentando la pronazione dell'avampiede in caricamento e del tallone in appoggio.

 

 

Dispositivi per sollevare il tallone riducono la trazione sul tendine e sulla sua inserzione. Generalmente sono di materiale adatto a dissipare l'energia in modo da attenuare le forze agenti alle estremità durante il passo ed a proteggere le strutture muscolo-scheletriche dai traumi e dalle alterazioni degenerative. Le imbottiture viscoelastiche hanno queste caratteristiche.

 

 

L'impatto del tallone al suolo genera un'onda di forze che viene trasmessa all'osso ed ai tessuti molli del piede e della gamba, cui segue una seconda onda di contraccolpo di minore ampiezza. I materiali viscoelastici riducono l'ampiezza di queste onde di forza da colpo e contraccolpo e, quindi, proteggono il sistema muscoloscheletrico. Questi dispositivi, inoltre, riequilibrano la funzione muscolare ed aiutano a mantenere la stabilità biomeccanica.

 

 

Trattamento conservativo

 

 

Il trattamento della tendinopatia achillea deve essere iniziato appena viene posta la diagnosi ( tabella 1 ). Dapprima, per ridurre l'edema e l'infiammazione, si usano impacchi di ghiaccio, stimolazioni elettrogalvaniche ad alto voltaggio e bassa intensità e massaggi. Questo tipo di trattamento viene praticato due o tre volte la settimana per quindici giorni ed è accompagnato dalla somministrazione di antinfiammatori non steroidei per via orale.

 

 

Se è presente crepitazione si possono iniettare basse dosi di cortisone nella guaina tendinea. Generalmente viene usato un composto di 5 ml di lidocaina al 2%, 5 ml di marcaina al 5%, 1 ml di desametasone fosfato e 25 ml di prednisolone acetato. L'infiltrazione non deve essere eseguita nel tendine per il rischio di rottura. Inoltre si devono evitare infiltrazioni multiple.

 

 

L'atleta durante le tre settimane successive al trauma deve evitare di correre e di saltare per non sovraccaricare il tendine.

 

 

L'efficacia della terapia è aumentata dall'uso di una steccatura posteriore che aiuta a sopportare il peso corporeo. Questo tipo di immobilizzazione permette di continuare la terapia fisica e di ridurre il rischio di rottura del tendine. La terapia domiciliare comporta massaggi con ghiaccio sulla zona dolente e blandi esercizi di stretching , per rafforzare ed allungare i muscoli della gamba ed i tendini.

 

 

La sottostima di questi accorgimenti potrebbe peggiorare la situazione e renderla irreversibile.

 

 

La deambulazione viene consentita con calzature fornite di imbottiture viscoelastiche per entrambi i talloni, a meno che non ci sia una tendinopatia monolaterale dovuta alla discrepanza di lunghezza degli arti. È importante tenere i supporti sempre e non solo durante gli allenamenti sportivi.

 

 

Attività sostitutive quali il nuoto o il ciclismo sono utili per la riabilitazione.

 

 

Poiché il dolore e l'infiammazione si riducono con il trattamento, è possibile, durante questo periodo di cura, studiare l'appoggio del piede ed analizzare al nastro trasportatore i movimenti del passo e della corsa.

 

 

I supporti ortopedici possono essere applicati all'avampiede, al retropiede o nel mezzo, secondo i casi.

 

 

Circa due-tre settimane (tre-quattro se è stata praticata la terapia con infiltrazione cortisonica) dopo l'inizio del trattamento, si comincia gradualmente l'allungamento.

 

 

La maggior parte dei pazienti risponde favorevolmente al trattamento conservativo.

 

 

Approccio chirurgico

 

 

Si deve prendere in considerazione questo trattamento quando dopo sei-dodici mesi di terapia conservativa intensa permane la sintomatologia ed il ritorno all'attività sportiva è caratterizzato dalla ricomparsa dei segni di flogosi.

 

 

Il procedimento indicato è lo scollamento della guaina allo scopo di rimuovere il tessuto ipertrofico e flogistico che circonda il tendine, di tagliare le aderenze fibrose e di escludere la presenza di necrosi centrale del tendine.

 

 

È bene far presente al paziente che i tempi di recupero possono essere lunghi e che, secondo l'età del soggetto e la gravità della lesione, può essere necessario attendere anche un anno prima di riprendere l'attività sportiva.

 

 

L'intervento si compie ambulatoriamente, in anestesia locale. La procedura consiste nell'incisione longitudinale, a paziente prono, dell'area di lesione fino al raggiungimento della guaina, che viene ispezionata. Indi si tagliano le aderenze e si asporta il tessuto flogistico. La guaina viene staccata prossimalmente e distalmente, facendo attenzione a non danneggiare il tessuto sottocutaneo. Il tendine, così isolato, viene ispezionato e palpato. Le nodosità sono incise longitudinalmente. Se si notano aree di decolorazione e di degenerazione o segni di necrosi centrale si pratica il raschiamento. Altre incisioni vengono eseguite per favorire la migrazione del tessuto sottocutaneo all'interno del tendine allo scopo di agevolare il processo cicatriziale.

 

 

Prima della sutura vengono iniettati localmente antibiotici. Nella operazione di semplice apertura della guaina e raschiamento del tendine non è necessaria la sutura tendinea. La ferita viene chiusa con punti assorbibili nel tessuto sottocutaneo e con le usuali tecniche per la cute.

 

 

Dopo l'operazione il piede va tenuto nella posizione neutra, con un supporto posteriore in modo che l'articolazione della caviglia formi un angolo di novanta gradi. Per cinque giorni non viene permesso il carico, in seguito si inizia un graduale appoggio con supporto rinforzato e si cominciano gli esercizi di mobilizzazione passiva. Dopo aver tolto i punti di sutura si pratica la terapia di stimolazione elettrogalvanica, con due-tre sedute alla settimana, per un periodo di circa due mesi.

 

 

I movimenti attivi vengono iniziati dopo tre settimane dall'operazione e dopo quattro si può cominciare un blando programma di riabilitazione con camminate e corse.

 

 

Lo scopo di questo progressivo recupero è di ostacolare i processi di irrigidimento articolare e di atrofia muscolare cercando, nel contempo, di non peggiorare la sintomatologia ed il gonfiore.

 

 

Quando c'è il sospetto di rottura parziale o di necrosi interna è indicato il ricovero ospedaliero. Si procede in anestesia generale dopo una profilassi antibiotica per via venosa. Si incidono longitudinalmente la cute e la guaina tendinea, che viene rimossa nella zona alterata. Il tendine viene ispezionato, le aree necrotiche rimosse e le fibre lacerate riparate. In caso di rottura parziale, si eliminano le estremità alterate e si rinforza il tendine utilizzando fibre del tendine stesso o del tendine plantare.

 

 

Subito dopo l'operazione viene applicata una imbottitura tipo Jones a scopo compressivo e di immobilizzazione che dopo cinque-sette giorni viene sostituita con un supporto posteriore di fibra di vetro per tenere l'articolazione della caviglia in posizione neutra. Per due settimane si evita il carico, ma si cominciano la terapia fisica e la mobilizzazione passiva. In seguito si permette un progressivo caricamento e, dopo due-tre settimane, l'appoggio del piede è completo. Alla terza settimana si inizia la mobilizzazione attiva e sono pure incoraggiate altre attività fisiche come il nuoto. È bene, però, usare un sostegno per ridurre la mobilità.

 

 

Alla sesta settimana si comincia a camminare con un graduale aumento del carico ed alla ottava viene permesso un blando allenamento di corse e camminate per completare la riabilitazione.

 

 

Spesso la causa delle tendinopatie achillee croniche associate a borsite retrocalcaneale è una esostosi o la deformità di Haglund. L'irritazione cronica dovuta allo sfregamento del tallone contro la scarpa favorisce questa condizione. Pertanto è consigliabile l'uso di calzature con la suola soffice o l'applicazione di una imbottitura.

 

 

L'infiammazione e il dolore si localizzano a livello dell'inserzione calcaneale del tendine.

 

 

Il trattamento è conservativo, analogo a quello per le peritendiniti descritto in precedenza. A volte sono necessarie le infiltrazioni di anestetici e cortisonici a breve e lunga durata per risolvere la patologia. Si ricorre alla chirurgia solo quando non si ottengono risultati.

 

 

Nei pazienti con una normale angolazione del calcagno è sufficiente incidere la guaina, svuotare la borsa sierosa ed asportare l'esostosi. Il risultato può non essere soddisfacente, se si rigenera il tessuto osseo, cosa che accade se l'osteotomia non è abbastanza allargata.

 

 

Il decorso postoperatorio è simile a quello che segue al trattamento chirurgico della paratendinite o della rottura parziale di tendine, in funzione della necessità o meno intervenire sull'inserzione tendinea.

 

 

Guarire è possibile

 

 

La maggior parte delle lesioni del tendine di Achille sono dovute al sovraccarico e ad errori di allenamento e rispondono favorevolmente alla terapia fisica ed ortopedica.

 

 

Nei casi in cui non si ottiene la guarigione in un tempo compreso fra i sei ed i dodici mesi è indicato il trattamento chirurgico. Questo consiste nella semplice apertura della guaina, oppure nell'asportazione del tessuto necrotico centrale del tendine, o nella riparazione della rottura parziale.

 

 

Steven Subotnick

 

 

Walter E. Roth

 

 

California College of Podiatric Medicine,

 

 

San Francisco, USA