La permanenza nel carcere aumenta, nei soggetti reclusi, l’incidenza di alterazioni psicofisiche con un andamento proporzionale ai tempi di detenzione.
Sono state osservate principalmente algie, quali mal di schiena e cervicalgia, alterazioni del comportamento, apatia e, nei casi più gravi, sindrome ipocinetica. L’inserimento dell’attività motoria in tale contesto è importante perché ha un effetto preventivo sull’insorgenza dei disturbi citati e, inoltre, ha una funzione rieducativa e favorisce il mantenimento di quei comportamenti positivi che favoriscono il reinserimento sociale del soggetto al momento della scarcerazione.