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Abstract
Tutelare chi si immerge
pubblicato nel Maggio - Giugno 2004 in Sport&Medicina - fascicolo n.3
Francesco Introna, Antonio De Donno, Emanuele Caputo

Negli ultimi vent’anni l’attività subacquea, da sport di élite riservato ad atleti preparati e idonei, si è trasformata in disciplina alla portata di chiunque. L’attività subacquea in Italia è però soggetta a inaccettabili sperequazioni: le due federazioni che organizzano corsi di attività subacquee – la FIPSAS (Federazione italiana pesca sportiva e attività subacquea) e la FIAS (Federazione italiana attività subacquea) – richiedono infatti periodici controlli sanitari sia per accedere ai corsi di formazione sia per il rinnovo dei brevetti. Di contro, le “associazioni sportive private” non sono sottoposte agli stessi vincoli, obblighi e controlli a cui sono soggette le organizzazioni federali. Occorre dunque rendere omogenei gli accertamenti clinici e strumentali richiesti a chi intende frequentare un corso di primo livello o rinnovare un brevetto o conseguirne uno di grado superiore, indipendentemente dalla didattica di appartenenza. È così possibile prospettare, per i primi tre livelli di attività subacquea, l’adozione di un protocollo clinico-diagnostico attuato dalla Federazione medico sportiva italiana (FMSI).
L’articolo è pubblicato nell’ambito del dossier
Medicina e attività subacquea.